Arsenico, disinfezioni e radioattività: cosa beviamo davvero dal rubinetto

SALUTE

Arsenico, disinfezioni e radioattività: cosa beviamo davvero dal rubinetto


Un’inchiesta sui contaminanti presenti nelle reti idriche italiane ed europee, e sul rischio cumulativo per la salute. Secondo uno studio internazionale, oltre centomila casi di tumore potrebbero essere collegati all’esposizione a 22 sostanze cancerogene disperse nell’acqua potabile.

Introduzione: la fiducia incrinata

Per generazioni ci siamo fidati dell’acqua che sgorga dal rubinetto di casa. In molti Paesi europei, Italia inclusa, bere l’acqua dell’acquedotto è sempre stato un vanto di sicurezza, economicità e sostenibilità. Ma un recente studio ha scosso questa certezza: analizzando i dati di centinaia di impianti idrici, i ricercatori hanno rilevato la presenza di 22 contaminanti potenzialmente cancerogeni, dal famigerato arsenico ai sottoprodotti della disinfezione, fino a tracce di materiali radioattivi come il radon e l’uranio.

L’aspetto più inquietante non è tanto la singola sostanza, quanto l’effetto cumulativo. Sommate insieme, queste esposizioni potrebbero aver contribuito a oltre 100.000 casi di tumore negli ultimi decenni.

Lo studio: come è stata condotta la ricerca

Il lavoro, pubblicato su una rivista scientifica internazionale e coordinato da un gruppo multidisciplinare di tossicologi, epidemiologi e chimici ambientali, ha incrociato i dati delle agenzie di monitoraggio idrico con registri oncologici.

  • 22 sostanze cancerogene monitorate, scelte per prevalenza e potenza cancerogena.
  • Milioni di dati provenienti da controlli su acque di acquedotto in Europa e Nord America.
  • Analisi di rischio cumulativo: non più valutazioni sostanza per sostanza, ma somma degli effetti biologici.

La conclusione: in condizioni ordinarie di consumo, l’acqua del rubinetto può essere fonte di esposizione a cocktail chimici con effetti sanitari misurabili sulla popolazione.

I contaminanti più comuni

  1. Arsenico – naturale in alcune falde, ma altamente tossico. In Italia, zone come il Lazio e la Toscana hanno lottato per anni con concentrazioni oltre i limiti europei.
  2. Sottoprodotti della disinfezione (trialometani, cloriti, clorati) – generati quando il cloro o altri disinfettanti reagiscono con la materia organica presente nell’acqua. Alcuni sono sospettati cancerogeni.
  3. Nitrati e nitriti – derivano da fertilizzanti agricoli e scarichi zootecnici. Possono formare nitrosammine cancerogene.
  4. Radon, uranio e radio – elementi radioattivi che in tracce si trovano naturalmente nelle falde, soprattutto in zone granitiche.
  5. Metalli pesanti (piombo, cadmio, cromo esavalente) – spesso provengono da tubature obsolete o contaminazioni industriali.

Effetto cocktail: la nuova frontiera della tossicologia

Le normative europee e italiane fissano limiti per ogni sostanza, partendo dal principio che concentrazioni basse siano “accettabili”. Ma il problema è che nessuno beve arsenico puro o cloro puro: beviamo miscele complesse di sostanze.

Secondo i tossicologi, anche dosi considerate sicure, sommate nel tempo e tra loro, possono generare un “effetto cocktail” che amplifica il rischio.

«Il vero pericolo non è l’arsenico in sé o il nitrato in sé, ma la combinazione che ogni giorno introduciamo nell’organismo», spiega la professoressa Elena Rossi, epidemiologa ambientale. «L’attuale sistema normativo non tiene pienamente conto di questa dimensione».

I numeri in Italia

  • Oltre 30 aree critiche monitorate dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità.
  • Regioni più esposte: Lazio, Toscana, Lombardia, Veneto e Sicilia.
  • Milioni di cittadini interessati da deroghe temporanee ai limiti UE negli ultimi 20 anni, soprattutto per arsenico e trialometani.

Nel Lazio, nel 2010, l’Unione Europea aprì una procedura di infrazione per i livelli di arsenico superiori ai limiti, costringendo a interventi urgenti su acquedotti e reti locali.

Impatti sanitari: dal laboratorio alle statistiche

L’arsenico è classificato cancerogeno certo per l’uomo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). I trialometani sono sospettati di aumentare il rischio di tumori alla vescica. Il radon è noto come seconda causa di cancro ai polmoni dopo il fumo.

Lo studio collega l’esposizione a questi contaminanti a:

  • Tumori della pelle, della vescica e dei polmoni.
  • Malattie cardiovascolari e disfunzioni endocrine.
  • Maggior rischio per bambini, donne in gravidanza e anziani.

Secondo le stime, il contributo cumulativo di queste esposizioni potrebbe rappresentare una quota non trascurabile dei casi di tumore in Europa: oltre 100.000 casi potenzialmente attribuibili.

Voci dai territori

A Viterbo, i comitati cittadini hanno denunciato per anni il problema arsenico. «Ci dicevano che era tutto sotto controllo – racconta Anna, residente – ma i valori superavano i limiti da decenni. Abbiamo comprato acqua in bottiglia per i bambini, spendendo centinaia di euro l’anno».

A Brescia, gli attivisti ambientali monitorano da tempo le falde contaminate da cromo esavalente. «Il rischio è reale, ma gli interventi strutturali sono lenti e costosi», spiega Marco, del coordinamento acqua pubblica.

Le risposte delle istituzioni

Il Ministero della Salute sottolinea che i sistemi di controllo sono tra i più rigorosi in Europa, con migliaia di campioni analizzati ogni anno. «La qualità dell’acqua potabile italiana è complessivamente buona – si legge in una nota – e i superamenti vengono gestiti con deroghe, filtri o approvvigionamenti alternativi».

Tuttavia, gli stessi rapporti ministeriali ammettono criticità strutturali in alcuni territori. Bruxelles ha più volte richiamato l’Italia a un’applicazione più stringente delle direttive europee.

Le soluzioni tecnologiche

  • Filtri a carbone attivo per ridurre trialometani e pesticidi.
  • Osmosi inversa per abbattere arsenico e nitrati.
  • Sistemi di aerazione e resine per radon e uranio.
  • Rinnovo delle reti per eliminare vecchie tubature in piombo.

Il problema è che questi interventi richiedono ingenti investimenti. Secondo Utilitalia, servirebbero almeno 5 miliardi di euro nei prossimi dieci anni solo per adeguare gli acquedotti italiani.

Cosa possono fare i cittadini

Gli esperti invitano a informarsi: i dati sulla qualità dell’acqua sono pubblici e consultabili sui siti dei gestori. In aree a rischio, l’uso di filtri domestici certificati può essere una misura temporanea, sebbene non sostitutiva degli interventi strutturali.

«Non dobbiamo creare allarmismo – avverte il tossicologo Andrea Bianchi – ma consapevolezza. La trasparenza è fondamentale: i cittadini hanno diritto di sapere cosa scorre nei loro rubinetti».

La prospettiva europea

Nel 2021 l’UE ha aggiornato la Direttiva sulle acque potabili, introducendo nuovi limiti e obblighi di trasparenza. Entro il 2026 gli Stati membri dovranno adeguare i controlli anche a sostanze emergenti come le microplastiche e i PFAS, composti perfluoroalchilici legati a vari tipi di tumore.

L’Italia è chiamata a un’accelerazione: con oltre 250 gestori locali e infrastrutture spesso datate, la sfida è garantire equità tra le diverse regioni.

Conclusione: un diritto fondamentale

L’acqua potabile sicura è un diritto umano riconosciuto dall’ONU. Lo studio che ha messo in luce i rischi cumulativi di arsenico, disinfezioni e radioattività non deve tradursi in panico, ma in azioni concrete: più investimenti, più controlli, più trasparenza.

Perché ciò che beviamo ogni giorno, dal primo bicchiere del mattino al caffè, è molto più di un semplice liquido: è la base della nostra salute collettiva.

 

Consigliamo di eseguire un prelievo di un campione direttamente dal vostro rubinetto e portarlo al centro ARTA piu vicino a voi per scongiurare inutili allarmismi, saimo consapevoli che oggi non si è mai sicuro di quello che ingeriamo, ma quando abbiamo la possibilita di effetturare periodicamente un analisi, consigliamo di farla, la nostra salute e serenita non ha prezzo.

La Redazione di Giornalismo e Democrazia a cura di Marco Sulpizio

 

Inserisci il tuo commento