Coronavirus, si dimette il presidente del Consiglio europeo della ricerca: «Deluso per gli scarsi sforzi dell’Europa»
CRONACAFerrari si è visto bocciare la sua mozione per il lancio di un programma scientifico speciale, focalizzato espressamente sul Covid-19
Mauro Ferrari, a capo del Consiglio europeo
della ricerca, si dice deluso dall’approccio dell’Europa poco disponibile a
convogliare tutti gli sforzi di ricerca dell’ente per combattere la pandemia da Coronavirus.
Per questo lascia il suo ruolo di presidente e spiega le ragioni profonde alla
base del gesto in una lettera aperta, la cui pubblicazione ha
affidato al Corriere
della Sera. Ferrari ha già presentato le sue
dimissioni alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e lo ha
fatto dopo che si è visto bocciare la sua proposta per il lancio di un
programma scientifico speciale, focalizzato espressamente sul Covid-19.
Secondo l’uscente numero uno del Cer, la priorità in questo
momento resta quella di fermare la pandemia e cercare di salvare milioni di
vite: «Questo ha precedenza sulle carriere, sulla politica e anche sulla
bellezza di un certo tipo di scienza – scrive Ferrari -. Perdonatemi, ma io
credo che la scienza debba essere al servizio della comunità, specialmente nei
momenti di emergenza. E questo lo è, perché solo attraverso la scienza si
potranno sconfiggere Covid-19 e i suoi successori».
Nei sette mesi prima di entrare in carica come presidente a inizio
2020, Ferrari ha lavorato come volontario per il Consiglio europeo della
ricerca, «motivato dall’ammirazione e dall’entusiasmo per questa rispettata
agenzia di finanziamento, dalla dedizione verso gli ideali di una Europa unita,
e dal desiderio di essere al servizio delle necessità del mondo, attraverso la
migliore scienza». Tutte motivazioni idealistiche che poi, dice lo scienziato,
si sono scontrate con una realtà ben diversa, già a partire dai primi mesi di
presidenza. Scrive Ferrari:
Segnali inquietanti
che avevo raccolto già dai primi momenti si sono rapidamente trasformati in
raggelanti certezze di un mondo completamente diverso da quanto avevo
immaginato. La pandemia Covid-19 ha spietatamente messo a nudo gli errori di
valutazione che avevo compiuto.
Nei momenti di
emergenza le persone, e le istituzioni, mostrano la loro natura più profonda e
il loro vero carattere. Già dall’inizio della pandemia si era reso evidente che
questa sarebbe stata probabilmente una tragedia senza precedenti, per il suo
carico di morte, sofferenza, trasformazione della società e devastazione
economica, e che a soffrirne di più sarebbero stati i più deboli e meno
fortunati della società.
Resosi conto della extra-ordinarietà della situazione creata dalla
pandemia, Ferrari aveva presentato una mozione per «fornire ai migliori
scienziati gli strumenti e le risorse per combattere questa pandemia con nuovi
farmaci, nuovi vaccini, nuovi metodi diagnostici e nuove teorie». La risposta è
stata no:
L’ente di governo del
Cer ha però votato contro la mia proposta, in maniera unanime e inappellabile,
senza neppure accettare di discutere o sviluppare insieme un programma
anti-Covid. Lo ha fatto con tale veemenza da opporsi alla mia presidenza in
toto da quel momento in poi.
Il voto contrario
alla mia mozione è stato basato sul fatto che il Cer finanzia progetti basati
sul principio di spontaneità scientifica (il cosiddetto “bottom-up”) ovvero
senza privilegiare aree di priorità di ricerca. È vero che la Commissione
europea possiede anche altri programmi che sono invece “top-down”, e che
diversi di questi sono stati in parte diretti su iniziative collegate alla
pandemia. Purtroppo però questi formano un insieme di attività senza una vera
cabina di regia, e con una componente limitata di scienza di frontiera.
Ferrari, «deluso ed esterrefatto» dal no ricevuto, ha scelto le
dimissioni. «Nelle mie fantasie idealistiche – continua Ferrari nella lettera –
ho creduto che […] questi non fossero momenti per la governance scientifica di disquisire
sulle sottigliezze metodologiche di “bottom-up” piuttosto che “top-down”. Un
sollievo parziale – aggiunge – è stato portato dalla presidente Von der Leyen, che personalmente mi ha chiesto di
proporre considerazioni su come l’Europa dovrebbe ora affrontare la pandemia».