Una ricerca della Columbia University rivela: nei suoli e nei sedimenti concentrazioni di plutonio fino a mille volte superiori a quelle registrate nei siti di Chernobyl e Fukushima. Colpa dei test nucleari statunitensi tra il 1946 e il 1958.
Una scoperta inquietante nel cuore del Pacifico
Il blu cristallino del Pacifico nasconde una verità oscura. Le Isole Marshall, arcipelago tropicale a nord-est dell’Australia, sono oggi tra i luoghi più contaminati del pianeta.
Un team di ricercatori del Centro per gli Studi Nucleari della Columbia University di New York ha pubblicato i risultati di un’analisi che fa tremare i polsi: nei campioni di suolo e sedimento raccolti in 11 siti dell’arcipelago, le concentrazioni di plutonio e altre sostanze radioattive superano persino i livelli rilevati a Chernobyl e Fukushima. In alcuni casi, di mille volte.
Il retaggio dei test nucleari americani
Tra il 1946 e il 1958, gli Stati Uniti condussero 67 test nucleari nelle Isole Marshall, in piena Guerra Fredda. La scelta cadde su questo remoto arcipelago per la sua posizione strategica e l’assenza di grandi popolazioni urbane.
Queste esplosioni, molte delle quali di potenza superiore a quella di Hiroshima, hanno liberato nell’atmosfera e nell’oceano enormi quantità di radionuclidi, contaminando l’aria, l’acqua e la catena alimentare.
Dati che parlano chiaro
Secondo il rapporto della Columbia University, i livelli più alti di contaminazione sono stati rilevati in tre atolli: Bikini, Enewetak e Rongelap.
- In alcune aree di Bikini, la concentrazione di plutonio-239/240 è mille volte quella di Chernobyl.
- I sedimenti marini presentano un accumulo tale da rappresentare una fonte costante di rilascio nella catena alimentare.
- La dose di radiazioni potenzialmente assorbibile da chi vive stabilmente in certi punti dell’arcipelago supererebbe i limiti di sicurezza raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il prezzo umano della sperimentazione
“La popolazione locale non è stata informata adeguatamente dei rischi, e molti sono stati esposti a dosi elevate di radiazioni per anni”, spiega la prof.ssa Elena Rodríguez, coautrice dello studio.
Gli effetti sulla salute sono documentati: aumento di tumori alla tiroide, leucemie, malformazioni congenite. Alcune comunità furono evacuate anni dopo le detonazioni, altre mai spostate del tutto.
Un disastro dimenticato
Nonostante le dimensioni della catastrofe ambientale, la vicenda delle Isole Marshall è rimasta ai margini dell’attenzione internazionale.
Gli Stati Uniti, pur avendo riconosciuto la responsabilità e istituito un fondo di compensazione, hanno spesso minimizzato la portata del problema. Le bonifiche realizzate si sono concentrate su porzioni limitate di territorio e non hanno risolto la contaminazione diffusa.
Il cratere di Runit: una bomba a orologeria
Uno dei simboli più controversi dell’eredità nucleare americana è il Runit Dome, un’enorme cupola di cemento costruita per sigillare 73.000 metri cubi di rifiuti radioattivi.
La struttura, eretta negli anni ’70, mostra oggi segni di deterioramento. Crepe e infiltrazioni marine minacciano di disperdere nuovamente materiale contaminato nell’oceano. Le autorità locali e alcuni scienziati temono che un tifone particolarmente violento possa compromettere la tenuta della cupola.
La voce della comunità
I residenti, molti dei quali discendenti diretti di chi visse l’epoca dei test, chiedono giustizia e trasparenza.
“Non siamo cavie, siamo esseri umani. Meritiamo un ambiente sicuro e pulito”, afferma John Anjain, attivista e nipote di uno degli sfollati di Rongelap.
Paragoni con Chernobyl e Fukushima
Se Chernobyl (1986) e Fukushima (2011) sono incidenti nucleari entrati nell’immaginario collettivo, la contaminazione delle Isole Marshall è il risultato di azioni deliberate.
Gli scienziati sottolineano che la concentrazione estrema di radionuclidi in alcuni atolli non ha equivalenti moderni. In termini di plutonio-239/240, i valori superano ampiamente quelli di entrambe le tragedie, sia in suolo che in sedimenti marini.
Prospettive di bonifica
Bonificare completamente l’arcipelago appare, oggi, quasi impossibile. L’estensione delle aree colpite e la persistenza del plutonio (con un’emivita di oltre 24.000 anni) rendono impraticabile la rimozione totale.
Gli esperti propongono:
- Messa in sicurezza permanente delle aree più contaminate.
- Monitoraggio costante delle radiazioni in aria, acqua e cibo.
- Evacuazione e ricollocamento delle comunità esposte.
Un’eredità che chiede memoria
La storia delle Isole Marshall non è solo un capitolo di geopolitica e scienza nucleare. È la testimonianza di come decisioni prese a migliaia di chilometri di distanza possano segnare per generazioni un popolo e il suo territorio.
“Ogni volta che pensiamo al nucleare, ricordiamoci di Bikini e di chi ancora oggi vive con le conseguenze invisibili di quelle esplosioni”, conclude la prof.ssa Rodríguez.
???? In sintesi: l’arcipelago, paradiso naturale trasformato in laboratorio atomico, continua a pagare il prezzo di un esperimento globale. Le sue acque, spiagge e terre fertili restano un monito silenzioso sul costo umano e ambientale della corsa agli armamenti.