Esclusivo: coronavirus, i mafiosi al 41bis lasciano il carcere e tornano a casa
ULTIMA ORAIl giudice di sorveglianza del tribunale di Milano ha concesso gli arresti domiciliari al capomafia di Palermo Francesco Bonura.
I capimafia detenuti al 41bis
cominciano in questi giorni di emergenza Coronavirus, uno dopo l'altro, a
lasciare il carcere. In questo modo insieme al Covid19 inizia a circolare
anche per le strade il virus dei mafiosi che non avrebbero dovuto lasciare la
cella, per legge. Ed è una doppia pandemia che non possiamo permetterci.
Il giudice di sorveglianza del tribunale di Milano ha
concesso gli arresti domiciliari al capomafia di Palermo Francesco
Bonura, 78 anni,
considerato uno dei boss più influenti, condannato definitivamente per
associazione mafiosa a 23 anni. Il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta
lo definiva un mafioso “valoroso”. È stato uno degli imputati del primo maxi
processo a Cosa nostra dove è stato condannato.
Successivamente, avvicinatosi a Bernardo Provenzano, per i
magistrati ha costituito un punto di riferimento mafioso per il controllo di
lavori pubblici e l'imposizione del pizzo nel capoluogo siciliano. Uomo fidato
dei boss palermitani, fra cui Nino Rotolo, ha gestito il racket, ed è stato uno
dei più facoltosi costruttori della città, i cui beni per diversi milioni di
euro sono stati confiscati. Negli anni Ottanta venne processato e assolto per 5
omicidi e una lupara bianca. Secondo l'accusa aveva eliminato i componenti di
una banda di rapinatori che agivano senza il consenso di Cosa nostra. Venne
fermato col suo guardaspalle e nell'auto venne trovata una pistola calibro 38
subito dopo due degli omicidi per cui venne rinviato a giudizio. Ma l'arma non
era quella che aveva sparato e Bonura venne assolto per insufficienza di prove
dalle accuse più gravi. Adesso era sottoposto al 41bis, il carcere
"impermeabile".
Il giudice di sorveglianza ha
concesso gli arresti in casa sostenendo i motivi di salute per Bonura,
sottolineando “siffatta situazione facoltizza” il magistrato “a provvedere con
urgenza al differimento dell'esecuzione pena”. Ed escludendo il pericolo di fuga
lo ha inviato a casa a Palermo, dove gli ha prescritto che "non potrà
incontrare, senza alcuna ragione, pregiudicati" e inoltre, "lo
autorizza" ad uscire da casa, ogni volta che occorrerà "per motivi di
salute" anche dei familiari.
Il provvedimento fa seguito allo stato di emergenza in cui si
trovano i penitenziari. E così per i mafiosi che stanno scontando la condanna,
che per legge non possono usufruire di pene alternative, si aprono le porte del
carcere. Su questo punto il 21 marzo scorso il Dap (l’amministrazione
penitenziaria) ha inviato a tutti i direttori delle carceri una circolare in
cui li invita a «comunicare con solerzia all’autorità giudiziaria, per
eventuali determinazioni di competenza», il nominativo del detenuto, suggerendo
la scarcerazione, se rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari
dell'amministrazione penitenziaria, ed inoltre, tutti i detenuti che superano i
70 anni, e con questa caratteristica sono 74 i boss che oggi sono al 41 bis. Fra
loro si conta Leoluca Bagarella (che sta spingendo da tempo per avere gli
arresti in casa) i Bellocco di Rosarno, Pippo Calò, Benedetto Capizzi, Antonino
Cinà, Pasquale Condello, Raffaele Cutolo, Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo,
Teresa Gallico, Raffaele Ganci, Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu
Madonia, Giuseppe Piromalli, Nino Rotolo, Benedetto Santapaola e Benedetto
Spera.
Nelle scorse settimane, sempre per l'emergenza Covid19, è
stato posto agli arresti domiciliari dai giudici della corte d'assise di
Catanzaro, Vincenzino Iannazzo, 65 anni, ritenuto un boss della 'ndrangheta. Il
suo stato di salute è incompatibile e in considerazione dell’attuale emergenza
epidemilogica, con il carcere. Iannazzo, detto “il moretto”, è indicato come il
capo del clan di Lamezia Terme (a luglio 2018 condannato anche in appello a 14
anni 6 mesi) e adesso torna a casa proprio nel cuore di Lamezia.
Sempre con la motivazione dell'incompatibilità carceraria,
attende di andare a casa anche il capomafia Benedetto “Nitto” Santapaola,
condannato definitivamente per diversi omicidi fra cui quello del giornalista e
scrittore Giuseppe Fava, assassinato a Catania il 5 gennaio 1984. Insomma, i
mafiosi tornano a casa.