Trapianto di utero sugli uomini che si credono donne: l’ideona dei chirurghi britannici

SESSUALITà

Trapiantare l’utero negli uomini che si credono donne – cioè nelle trans – per consentire loro di avere dei figli

Roma, 23 lug –  Trapiantare l’utero negli uomini che si credono donne  – cioè nelle trans – per consentire loro di avere dei figli. E’ quello che auspica un famoso chirurgo britannico che rivendica il “diritto”, anche per chi si sente solo donna ma non lo è, di poter provare  un surrogato delle sensazioni che si provano in gravidanza.  Lo riporta il  Mirror.

Tutto è nato dal caso clinico di una donna brasiliana, diventata due anni fa la prima madre a dare alla luce il suo bambino usando un utero trapiantato da un donatore deceduto. La bambina nacque sana e pesava quasi tre chili. Ma si trattava, per l’appunto, di una donna. Oggi il chirurgo  Christopher Inglefield , fondatore della  London Transgender Clinic  , afferma che è ora possibile realizzare  un impianto di utero in una trans – cioè in un uomo.  La procedura è “sostanzialmente identica” a quella delle “donne cis”, ovvero femmine biologiche”. Inglefield, che non è un ginecologo, ma uno specialista in chirurgia di cambio genere e di femminilizzazione del viso e del corpo, – cioè un chirurgo plastico – ha dichiarato: “Questa scoperta pionieristica è estremamente importante per qualsiasi donna trans che voglia portare in grembo il proprio figlio”.

Ma qui viene il bello – secondo il dottor Inglefield: “Perché una volta che la comunità medica accetterà tale trapianto come trattamento per donne cis con infertilità uterina, o assenza congenita di un grembo materno,  sarebbe illegale negarlo a una trans-femmina che ha completato la sua transizione “. E poi ammette: “Ci sono chiaramente limiti anatomici da superare quando si tratta di donne trans, ma questi sono problemi che credo possano essere superati e ritengo che il trapianto in una trans-donna sia essenzialmente identico a quello di una cis-femmina”. Del resto, l’Autorità britannica per la fecondazione umana e l’embriologia (Hfea) conferma che non ci sono norme in vigore che impediscano a una donna trans che ha ricevuto un trapianto di utero di sottoporsi a un trattamento di fecondazione in vitro.

Inglefield passa a spiegare i termini della procedura: “Il passo più importante è  il prelievo dal donatore  poiché è necessaria una grande cura per evitare danni alle arterie e alle vene che alimentano l’utero”, racconta. “I vasi sono collegati all’arteria pelvica e alle vene che sono le stesse sia nei maschi che nelle femmine”. Il primo limite sarebbe dato dalla larghezza del bacino: “ Le donne trans hanno un bacino molto più stretto rispetto alle donne cis  della stessa altezza, ma c’è comunque spazio per accogliere un bambino”. E se non ci fosse posto, che problema c’è?  Basta ingurgitare le pilloline magich e. “ Ormoni femminili  possono essere assunti per replicare i cambiamenti che si verificano nel corpo durante la gravidanza di una donna”. Ovviamente “è altamente  improbabile che una donna trans partorisca naturalmente, si preferisce il taglio cesareo , per salvaguardare il bambino”. Gli scienziati pazzi, del resto, non possono arrivare dappertutto. La simulazione del parto per ora è off-limits. Almeno quella.

Nel novembre dello scorso anno, il dott. Richard Paulson, ex presidente dell’American Society for Reproductive Medicine, ha affermato che non sussiste alcuna ragione anatomica per cui un utero non possa essere impiantato con successo in una donna transgender. Ha aggiunto: “ Potrei farlo anche domani.  Personalmente credo ci saranno molte donne trans a volersi fare impiantare un utero e  probabilmente riceveranno il trapianto “. E ha aggiunto: “Secondo alcune stime, la presenza di donne transgender nel Regno Unito  potrebbe arrivare fino a 1.000 per 100.000 persone, circa l’1% della popolazione . E’ evidente che il trapianto uterino potrebbe diventare un servizio medico vitale”.

“Allo stato attuale, le donne trans affrontano un percorso difficile verso la maternità, che spesso si ottiene attraverso la maternità surrogata, l’adozione o la promozione. Ma quei percorsi non sono privi di difficoltà e incognite e molte aspiranti madri  desiderano semplicemente incubare il proprio bambino , per rimanere incinta nel vero senso della parola”. Benvenuti nell’era di  Frankenstein ( o forse dovremmo dire  Transkenstein),  dove tutto è possibile, basta che ci sia l’amore (leggi = brama di possedere un bambino). Lasciatecelo scrivere, intanto che ancora si può.

Inserisci il tuo commento