Bonafede colpisce ancora: i boss liberati dal ministro non tornano in cella

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A voler essere delicati, verrebbe da dire che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede da diverso tempo a questa parte non ne azzecca veramente una.

A voler essere delicati, verrebbe da dire che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede da diverso tempo a questa parte non ne azzecca veramente una. Nemmeno quando, accortosi della gravità dei suoi errori, cerca di mettere mano alla proverbiale toppa che si rivela però peggio o quasi del buco. E così non bastasse la liberazione dei boss mafiosi avvenuta durante l’epidemia di coronavirus, e che ha fatto tanto e giustamente gridare di rabbia gli italiani, ecco l’ennesima beffa: i giudici del tribunale di Sassari hanno negato in queste ore il ritorno in carcere di Pasquale Zagaria detto “Bin Laden”, ai vertici del clan dei Casalesi e fratello del capo Michele. Per lui le porte della prigione non si apriranno di nuovo: resterà a Pontevico, in provincia di Brescia, nell’abitazione dove sta scontando i domiciliari.


Il problema di fondo è che rimediare all’errore commesso non è facile. I legali di Zagaria hanno infatti presentato istanza contro il decreto con cui Bonafede, travolto dalle polemiche, aveva tentato di sistemare i guai da lui stesso combinati, riportando in carcere i mafiosi usciti durante il lockdown. Un’interferenza del potere esecutivo nel potere giudiziario, secondo gli avvocati. Ai quali i giudici di sorveglianza sardi hanno finito per dare ragione, sostenendo che la nuova valutazione voluta dal Guardiasigilli “oltre a non essere rispettosa del termine contiene preoccupanti aspetti di limitazione della sfera di competenza dell’autorità giudiziaria e una riduzione della tutela dei diritti fondamentali alla salute e all’umanità della pena”.


Un passaggio che ha sollevato la questione di illegittimità costituzionale davanti alla Consulta. Il boss, in tutto questo, resterà nel frattempo a casa e il rischio è che lo stesso copione torni a ripetersi ancora e ancora. Anche a Spoleto, sempre in questi giorni, il giudice di sorveglianza aveva sollevato questioni di illegittimità costituzionale sul decreto Bonafede, nello specifico nella parte in cui si chiede la rivalutazione dei domiciliari concessi. Di questo passo, insomma, l’intervento tardivo del ministro rischia di rivelarsi anche totalmente inefficace. I boss, insomma, resteranno nelle rispettive dimore, facendosi beffa di chi li ha inspiegabilmente liberati per poi tentare di riportarli in cella, accortosi della figuraccia, senza riuscirci.


A dare qualche numero era stato il Giornale, che aveva parlato di 306 detenuti ancora il libertà nonostante le rassicurazioni di Bonafede. Il ministro, d’altronde, non sembra particolarmente colpito dalla portata del suo errore. Non un’ammissione di responsabilità, non una seconda mossa per correggere questa clamorosa gaffe. I Cinque Stelle lo hanno blindato, facendo quadrato intorno a lui quando era sotto assedio. E lui, evidentemente, si sente a posto con la coscienza.

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