Beni alimentari in cambio di lavori socialmente utili: così i poveri si trasformano in schiavi
Ultima oraA Ostia Virginia Raggi ha inaugurato il primo Mercato Sociale, dove i cittadini in difficoltà potranno acquistare generi alimentari di prima necessità in cambio di ore di lavori socialmente utili
Roma è il comune agricolo più grande d'Europa, ed è anche la
grande città con più parchi integrati nello spazio urbano. Parliamo di 44
milioni di metri quadri di verde pubblico e di circa 330.000 alberi. Ci sono le
antiche ville nobiliari sopravvissute alle lottizzazioni su cui è stata
edificata la Roma Moderna, e i parchi come la Caffarella, il parco degli
Acquedotti o il parco di Aguzzano, vere e proprie porzioni di agro romano e
campagna che si insinuano tra le vecchie borgate. A questo vanno aggiunti
parchi e parchetti di quartiere, aiuole, aree cani e rotonde.
Per gestire tutto questo servirebbe un esercito di
giardinieri e addetti, che invece scarseggiano così che l'incuria di questi
spazi così preziosi per il benessere di chi vive in città è diventata ormai
proverbiale: alberi che invadono le strade con le loro chiome, prati che con la
primavera sono impraticabili perché nessuno li sfalcia e così via. Da diversi
anni, in mancanza di nuove assunzioni e investimenti adeguati, c'è la tendenza
a scaricare la cura del verde sulle associazioni di volontari, ma anche
contando sul lavoro gratuito di detenuti e rifugiati.
Ora alla lista si aggiungeranno anche i poveri. Lo scorso
giovedì la sindaca Virginia Raggi ha inaugurato il Mercato Sociale di Roma
Capitale a Ostia. Qui le famiglie in difficoltà potranno acquistare generi
alimentari di prima necessità non con il denaro, ma con una card su cui saranno
caricati i punti accumulati grazie a ore di lavori socialmente utili. Cura del
verde, piccola manutenzione e impegno nello stesso Mercato in cambio di
pannolini, olio, latte in polvere. A individuare le famiglie coinvolte saranno
i servizi sociali e una parrocchia della zona. Se il progetto darà risultati
considerati soddisfacenti sarà esportato in altri municipi.
L'emergenza coronavirus ha generato una crisi sociale la cui
durata ed estensione ancora non conosciamo. Il riflesso immediato è stato che
migliaia di famiglie anche a Roma si sono trovate nel giro di poche settimane
sotto la soglia di sussistenza, vedendosi costretti a ricorrere agli aiuti
alimentari distribuiti da associazioni e istituzioni. Non sarebbe il caso
allora di pensare che la cura della città, del verde, delle strade, degli
edifici pubblici, degli spazi comuni debba essere presa in carico dallo Stato e
non delegata ai cittadini o affidata al lavoro gratuito in cambio di beni di
prima necessità? Invece di trasformare i poveri in lavoratori senza diritti
retribuiti con olio e pasta, perché non creare posti di lavoro?
Mancano i soldi per le assunzioni, i corsi di formazione, le
attrezzature è l'ovvia risposta. Ma è una logica che va sovvertita proprio in
questo momento di crisi a partire dalle amministrazioni locali: la cura del
bene comune deve generare ricchezza sociale in maniera diretta, ma anche
indiretta creando un ambiente vivibile e attraversabile da tutti. Quindi no,
non è una buona idea proporre a un padre o a una madre disoccupati di lavorare
gratis per procurarsi i pannolini per i figli.
La logica è la stessa del "reddito di cittadinanza" del Movimento 5 Stelle: non una misura di welfare universale come vorrebbe il nome, strumento di redistribuzione della ricchezza e garanzia di una vita dignitosa al di là della propria situazione occupazionale, ma un assegno con cui il beneficiario contrae un debito nei confronti della società che lo assiste. Non è un caso che da più parti è stato proposto di impiegare nei lavori agricoli i percettori del reddito di cittadinanza, invece magari di regolarizzare la mano d'opera migrante, con le stesse motivazioni che portano le istituzioni di Roma a proporre ai propri cittadini in difficoltà di lavorare gratis per mettere qualcosa in tavola.