Coronavirus, scarcerato perché positivo: lo trovano in stazione a Verona tra la gente

Cronaca

Il direttore del carcere aveva scritto ai giudici: «Deve uscire perché qui è impossibile fermare il virus». Allarme delle guardie: «Già 20 di noi sono contagiate»

VERONA Allo stato attuale è «impossibile rispettare, nel contesto del circuito penitenziario, misure di profilassi idonee a scongiurare pericolo di contagio per i detenuti e per le persone che in carcere vi lavorano». A scriverlo, in una nota fatta recapitare il 9 aprile alla Corte d’appello di Venezia, è la direttrice della casa circondariale di Verona, Maria Grazia Bregoli. Ed è in queste righe riportate dai giudici in un dispositivo - e che sembrano suonare quasi come una resa delle istituzioni di fronte alla forza del coronavirus - che si posa la decisione di scarcerare un indiano al quale, in seguito al tampone, era stata «accertata la sua positività al Covid 19». Lo straniero, 40 anni, è quindi tornato libero venerdì scorso proprio perché, pur risultando asintomatico, risultava aver contratto il virus e la direzione del carcere ammetteva candidamente che l’unico modo per evitare che potesse contagiare altre persone era sbatterlo fuori. Peccato che l’ormai ex detenuto non avesse una casa in cui tornare e così, fino al giorno successivo, ha vagato tranquillamente per le strade di Verona, incontrando connazionali (e perfino il suo avvocato), fino a quando i carabinieri l’hanno trovato in stazione. «Ho il coronavirus», ha subito spiegato ai militari, che a quale punto l’hanno trasferito in una struttura protetta.


Verona, il sindaco Federico Sboarina distribuisce le mascherine agli agenti di polizia penitenziaria (archivio)

 

Il suggerimento

Ma ora resta da capire come sia possibile che, mentre tutti sono ancora bloccati in casa, si possa decidere di scarcerare un contagiato senza neppure accertarsi del fatto che abbia un luogo in cui auto-isolarsi. Un passo indietro. A suggerire alla Corte d’appello la strada della liberazione, era stata proprio la direttrice del carcere. Da un lato - ha spiegato ai giudici - il detenuto non si poteva trasferire in ospedale perché «non è necessario il ricovero trattandosi di paziente asintomatico». Dall’altro, in prigione proprio non ci doveva stare, per l’impossibilità di adottare adeguate misure anti-contagio. A complicare tutto, il fatto che l’indiano stava scontando una pena a quattro anni di reclusione per maltrattamenti in famiglia e quindi non era possibile rimandarlo nel paesino della Bassa in cui risiedeva prima dell’arresto, per il rischio che aggredisse nuovamente la moglie. Così, i magistrati veneziani l’hanno scarcerato ma con l’obbligo di rimanere a Verona. Hanno poi comunicato la decisione anche a carabinieri, sindaco del capoluogo e Usl che avrebbero dovuto in tutta fretta organizzarsi per «adottare i provvedimenti di competenza - scrive la Corte - per la gestione della quarantena dell’interessato». Com’è andata a finire, lo dimostra il fatto che sia stato rintracciato solo il giorno successivo in stazione. L’avvocato dell’uomo, che nel frattempo l’aveva incontrato senza sapere che risultasse positivo al Covid 19 - è stato subito posto in isolamento fiduciario, che per fortuna si è esaurito nell’arco del fine settimana, visto che - stando ai nuovi test - l’indiano ora risulta negativizzato. Ma il rischio corso (dal legale e da tutti coloro che sono entrati in contatto con l’ex detenuto) è evidente.

 

Il precedente

Non è la prima volta che un malato di Covid 19 viene scarcerato per non compromettere la sicurezza della prigione scaligera. Il 7 aprile il giudice di sorveglianza di Verona ha «disposto l’immediata liberazione» di un uomo accusato di violenza sessuale proprio perché risultato positivo al tampone. «Per ottenere un controllo della malattia virale - scrive il magistrato - appare di fondamentale importanza un costante monitoraggio del paziente, che non sembra possibile effettuare in ambito penitenziario». Al contrario di quanto accaduto con l’indiano, però, in questo caso l’uomo ha lasciato la sua cella in totale sicurezza. «In ambulanza è stato trasferito a casa dei genitori, dove prosegue l’isolamento», spiega il suo avvocato, Cristiano Pippa. «Da tempo chiedevo che potesse lasciare il penitenziario per scongiurare il rischio che venisse contagiato - prosegue il legale - ma non ho mai ottenuto risposta. Ha potuto lasciare la prigione solo ora che è troppo tardi perché, purtroppo, ha già contratto il virus. Serve un cambio di rotta: il diritto alla salute deve valere per tutti, compresi i detenuti». Che la gestione del contagio nel carcere di Verona stia diventando sempre più complessa, lo sostiene anche il segretario regionale del Uilpa, Nicolino Butano: «La situazione è grave: sono già una ventina gli agenti di polizia penitenziaria positivi al Covid, oltre a circa trenta detenuti. Le responsabilità sono evidenti. Basti pensare che all’inizio di tutto, dalla Direzione arrivò al personale l’invito a non utilizzare le mascherine perché potevano generare inutili allarmismi...».

 

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