Sea Eye schiera la nuova nave (pagata dalla Chiesa cattolica)

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L'annuncio dell'Ong tedesca dopo il sequestro della Alan Kurdi. La sfida all'Italia finanziata dalla Chiesa Cattolica

Le Ong non lasciano, anzi raddoppiano. Mentre l’Italia è sempre più in difficoltà per l’aumento degli sbarchi, mentre l’hotspot di Lampedusa scoppia e l’emergenza Covid allarma il Belpaese, la Sea Eye annuncia che presto metterà in acqua un’altra imbarcazione ancora “più grande” da piazzare di fronte alle coste della Libia.

Una vera e propria sfida all’Italia, finanziata dalla Chiesa cattolica.

L’Ong ha presentato il progetto questa mattina, a cinque anni dalla morte di Alan Kurdi, il bimbo trovato riverso sulle spiagge di Bodrum. La nuova nave si chiamerà Ghalib Kurdi, fratello maggiore di Alan, annegato anche lui nella stessa occasione. A sostenere il progetto c’è anche la famiglia dei due bambini: “Non abbiamo potuto salvare la nostra famiglia, salviamo gli altri”, ha detto Tima Kurdi in apertura della conferenza stampa.

L’idea di trovare un nuovo natante (è il quarto per Sea Eye) nasce da lontano, sulla scia delle controversie con la Guardia costiera italiana sulle caratteristiche tecniche della “Alan Kurdi”. “Funzionari italiani avevano criticato la nave per non avere a bordo sufficienti capacità di smaltimento delle acque reflue e dei rifiuti”, spiegano dall’Ong che non condivide (ovviamente) la posizione italiana. Dopo aver recuperato 150 immigrati al largo della Libia, infatti, il 5 maggio scorso la Alan Kurdi era stata sequestrata nel porto di Palermo a causa delle "diverse irregolarità di natura tecnica e operativa tali da compromettere non solo la sicurezza degli equipaggi ma anche delle persone che sono state e che potrebbero essere recuperate a bordo".

Autorizzata a lasciare l’Italia a fine giugno, la nave è attualmente ferma al porto di Burriana, in Spagna, da dove si appresta a partire. Il timore dell’Ong è che qualora la Alan Kurdi dovesse approdare di nuovo in Italia, potrebbe essere sequestrata per gli stessi motivi "tecnici". Un timore condiviso anche da Salvamento Maritimo Humanitario, che si è vista bloccare la sua "Aita Mari" a Palermo per lo stesso motivo. Su questo tema Sea Eye ha intentato un ricorso d’urgenza al Tar di Palermo, di cui è attesa la sentenza nelle prossime settimane. Ma intanto gli umanitari tedeschi hanno pensato di muoversi anche in un'altra direzione. “Già a novembre 2019 ci è diventato chiaro che l'Italia cercherà sempre di più di argomentare in questa direzione - dice Gorden Isler, presidente di Sea-Eye - Anticipando questo, un team di progetto sta lavorando da febbraio per trovare una nave più grande che soddisfi tutti i requisiti. Indipendentemente dal fatto che questi siano giustificati o meno. Vogliamo salvare le persone dall'annegamento. L'unico modo per farlo è inviare le nostre navi in mare. Ecco perché abbiamo bisogno del Ghalib Kurdi".

 

 

L’imbarcazione dovrebbe salpare entro la fine dell’anno dal porto di Ratisbona, in Germania. Le operazioni sono già a buon punto. La nave è stata trovata e il prezzo fissato: mancano solo l’equipaggiamento e il passaggio di proprietà. I soldi non mancano, grazie ai donatori. Tra gli altri, Sea Eye stavolta ringrazia in particolare la Chiesa Cattolica “grande sostenitrice del progetto”. Presto, quindi, tornerà a salire il numero di imbarcazioni solidali nel Mare Nostrum. In campo già la Sea Watch 4 (che sta per sbarcare a Palermo altri 353 immigrati), la Mare Jonio di Mediterranea, la spagnola Open Arms e la motovedetta-opera-d’arte “Luoise Michel”, finanziata da Bansky e capitana da Pia Klemp. Restano sequestrate a Porto Empedocle la Sea Watch 3 e la Ocean Viking.

 

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